“Io resto a casa”… vicini seppur lontani. L’importanza della Psicoterapia Online ai tempi del COVID-19 di Anna Petrachi

In questo particolare momento storico, il nostro Governo si è trovato costretto ad imporre delle misure restrittive di grande impatto emotivo e psicologico che ci hanno obbligato ad un radicale cambiamento del nostro modo di vivere.
Per tutelare la nostra salute siamo obbligati a restare a casa, a limitare i nostri spostamenti, le nostre relazioni sociali e l’altro viene vissuto come pericoloso, come colui che ci potrebbe infettare.
Tutto si ferma, la città si ferma, il lavoro si ferma e con essi anche i sogni e i progetti. È un tempo fermo dove però i giorni continuano a scorrere in modo lento e a volte confuso, non ci sono né sabati né domeniche, né giorni di festa e da diversi pazienti mi sono sentita dire che “si vive un silenzio surreale ma allo stesso tempo assordante per quanto pesa”.
Si è obbligati a vivere un tempo di sospensione che è destabilizzante e che genera inesorabilmente un forte senso di impotenza.
Ci si rifugia nelle proprie abitazioni, nelle proprie famiglie che, se accoglienti, calde e amorevoli, aiutano anche a ritrovarsi, a ritrovare ciò che la frenesia della quotidianità prima del Covid-19 aveva fatto perdere, ma se le famiglie sono conflittuali la convivenza forzata destabilizza ancor di più. Poi ci sono le famiglie spezzate dal Covid-19, dove mariti, figli, mogli e madri non possono riabbracciarsi e vivono l’ansia e la preoccupazione di non poter stare vicini ed uniti.
Qui subentra il virtuale, uno spazio che nella distanza ha permesso una vicinanza emotiva, una continuità relazionale protetta che è di basilare importanza anche nel rapporto psicoterapico.
La sera del 9 marzo quando il Presidente del Consiglio ha comunicato che tutta l’Italia era ormai diventata “zona rossa” e che ognuno di noi doveva fare la sua parte per l’intera comunità restando a casa, come un po’ tutti mi sono chiesta: “E adesso come si fa?”.
Come si fa a stare a casa? Come si fa a non uscire? Come si fa con i nostri figli? Come si fa con il lavoro?
Il mio è un lavoro particolare, un lavoro basato sulla relazione, sul contatto emotivo ed empatico, un lavoro che deve dare un senso di sicurezza e tranquillità al paziente, normalmente anche grazie alla condivisione di uno stesso spazio fisico reale, ma il COVID-19 ha reso pericoloso proprio questo aspetto. Si, certo, ci sono diverse misure di sicurezza che si possono rispettare, come sanificare periodicamente lo studio, arieggiare ogni volta la stanza appena il paziente esce, disinfettare tutto, evitare le strette di mano e comunque lavarsi le mani accuratamente, mantenere la distanza di un metro, ma sinceramente tutti questi atteggiamenti, di vitale importanza in un momento come questo, che messaggio non verbale mandano ai nostri pazienti? Per l’inconscio questi gesti esprimono comunque, al di là delle nostre migliori intenzioni, un atteggiamento di diffidenza, di potenziale pericolosità, di distacco.
Non mi sono sentita di far arrivare una comunicazione simile ai miei pazienti… e allora mi sono chiesta di nuovo “E adesso come si fa?”
La risposta non ha tardato ad arrivare, grazie agli anni della mia formazione nella Scuola Internazionale di Psicoterapia nel Setting Istituzionale (S.I.P.S.I.) ed al mio lavoro attuale nella cooperativa DREAMS ONLUS, di cui sono socia. La psicoterapia online non è per me una novità.
Per anni infatti la Scuola mi aveva insegnato a non abbandonare i pazienti che mi erano stati affidati (costantemente supervisionata dai Tutors e dai Docenti) per il supporto psico-oncologico durante il mio tirocinio con i malati oncologici ed i loro familiari, che spesso vivono fuori Regione nei periodi di intervallo delle cure offerte dalla Fondazione Policlinico “A. Gemelli” IRCCS. Per anni inoltre il lavoro con la Cooperativa DREAMS mi ha consentito di continuare a fare esperienza clinica in questo setting psicoterapico, sempre presso il Servizio di Consultazione Psichiatrica della Fondazione. Ed ovviamente questa pratica clinica d’avanguardia era sempre sostenuta (oltre che dalle supervisioni in Cooperativa) da lezioni e corsi (organizzati in collaborazione con l’Università Cattolica del Sacro Cuore e la Scuola Medica Ospedaliera della Regione Lazio) e nutrita da pubblicazioni (tra cui un numero special della nostra rivista telematica ) sull’argomento, cui anche io ho avuto l’opportunità di contribuire.
Sono anni dunque che seguo pazienti con questa modalità, soprattutto pazienti oncologici e i loro familiari che in alcuni momenti devono stare molto attenti a non farsi contagiare anche da un semplice raffreddore, soprattutto quando stanno facendo la chemio o la radioterapia.
Quindi, dopo aver riflettuto bene, ho chiesto ai pazienti che vedevo nel setting vis-à-vis di passare al setting online, consapevole delle possibili resistenze che avrebbero potuto avere. Ho spiegato loro in cosa consiste, dai dettagli tecnici all’importanza di curare la loro privacy scegliendo una stanza in cui nessuno in quell’ora potesse entrare, e ci siamo dati un nuovo appuntamento, senza interruzioni della psicoterapia, nonostante l’obbligo di “stare a casa”.
È stata una comunicazione accuratamente ponderata. Non è semplice proporre questo cambiamento di setting, soprattutto se il terapista non l’ha mai fatto prima ed è costretto ad improvvisarsi. Nel mio caso è stato più semplice, perché mi sono sentita sicura di poterla utilizzare grazie alla mia formazione ed all’esperienza professionale conseguita in quest’ambito.
Mi sono resa conto che la mia sicurezza e la tranquillità, nel comunicare questa nuova modalità di lavorare, ha giocato un ruolo fondamentale nella risposta positiva dei miei pazienti che, nella maggior parte dei casi, hanno deciso di provare pur di non perdere gli incontri settimanali, che ora più che mai erano diventati necessari per essere supportati emotivamente in una situazione di stress emotivo come questa.
Il fatto di avere molta esperienza nella psicoterapia online ha trasmesso ai miei pazienti un senso di sicurezza che ha permesso loro di non avere eccessive resistenze a proseguire il percorso psicoterapeutico in un setting del tutto diverso e ad affidarsi ed a lasciarsi andare in questa nuova modalità di relazione che permette una vicinanza emotiva pur stando fisicamente lontani e che, soprattutto, risolve completamente la paura del contagio provocabile paradossalmente proprio dalla terapia praticata nel setting tradizionale!
In questi giorni ho ricevuto diversi messaggi di ringraziamento da parte dei miei pazienti per non averli lasciati soli e per aver dato loro la possibilità di continuare il lavoro terapeutico in piena sicurezza. Riporto con piacere uno dei messaggi più significativi.
“Che Dio la benedica per quello che sta facendo in un momento come questo, dove magari anche lei avrebbe bisogno di stare con i suoi cari eppure si ritaglia un tempo per me, anzi per tutti i suoi pazienti. Seppur in modo virtuale/lontano io in verità sento la sua vicinanza e aspetto, in queste lunghe giornate senza tempo, il tempo della nostra seduta… Grazie ancora!”