Domenico Arturo Nesci

Riflessioni psicoanalitiche in margine all’esperienza del “Giudizio Universale – the Sistine chapel immersive show” di Marco Balich
La Cappella Sistina è oggi al centro di uno spettacolo multimediale che, come si legge nel sito ufficiale dell’evento, “nasce dalla contaminazione di tante e diverse forme artistiche. […] La performance teatrale incontra la magia immateriale degli effetti speciali, la tecnologia più avanzata si mette al servizio di un racconto per parole e immagini; […] l’immersività di proiezioni a 270° porta lo spettatore al centro stesso dell’evento” fino al punto da ricreare l’illusione di respirare polvere di marmo, di annusare l’odore dell’incenso…
Lo spettacolo di Marco Balich racconta la vicenda delle origini degli affreschi della Volta della Sistina, prima, e del Giudizio Universale poi, due capolavori di Michelangelo che uno storico dell’arte contemporaneo ha giustamente riconosciuto come “artista multimediale” (Gillgren, 2011). In altri termini, la multimedialità esplicita dello spettacolo di Balich rivela la multimedialità sottile ed implicita di Michelangelo…
Per introdurre subito i Lettori a questa dimensione “segreta” del genio dell’artista, mi limiterò a ricordare qui che la tomba di Giulio II era stata concepita e realizzata da Michelangelo come un monumento sonoro, nascondendo una camera per il coro nella parete del muro in cui si trovava il monumento funebre a San Pietro in Vincoli e quindi consentendo, con apposite aperture poco visibili, di dare l’illusione che dalla tomba del Papa provenisse la musica della messa in suffragio della sua anima…
A partire da questa interpretazione di Michelangelo come artista multimediale nascono queste mie riflessioni, dopo aver vissuto l’esperienza dello spettacolo di Marco Balich, nei giorni scorsi.
Preludio
La Scuola Internazionale di Psicoterapia nel Setting istituzionale (SIPSI) è nata nel 2002 con il sostegno di un Comitato Scientifico internazionale in cui lo psicoanalista di San Francisco, Jerome D. Oremland, era uno dei membri più noti. “Jerry” ha sempre insegnato di persona, venendo fisicamente a Roma, ogni anno, finché ha potuto, e proponendo alla Scuola il modello didattico di Creativity and Madness in cui la visita guidata ad opere d’arte di ogni Paese costituiva lo stimolo per un lavoro psicoanalitico di gruppo. Le sue lezioni di Psicoanalisi ed Arte hanno portato così i nostri Allievi a visitare più volte la Cappella Sistina, poi la Galleria Borghese, San Pietro in Vincoli ed altre locations di valore artistico unico al mondo. Nel proporci la visita ed il lavoro psicoanalitico su queste opere d’arte, Oremland utilizzava ogni volta una chiave di lettura diversa. Nel caso degli affreschi michelangioleschi della Volta della Sistina, cui ha dedicato un libro intero, Oremland ha proposto un’analogia con lo studio del sogno.
Nel capitolo VIII di questo volume egli scrive: “A mio avviso è più di un’analogia, anche in considerazione dell’architettura della Cappella. Come il sogno, infatti, i dipinti di Michelangelo sono una gigantesca struttura tridimensionale al cui interno noi ci troviamo. La Sistina è il culmine delle straordinarie capacità di Michelangelo come architetto, pittore e scultore. Come il sogno la Volta è un universo. Al suo interno possiamo trovare non solo noi ma anche Michelangelo e l’umanità stessa. Come un sogno, la Volta della Sistina può essere vissuta in molteplici modi, a più livelli, ed i diversi aspetti della nostra esperienza possono essere comunicati agli altri, nei modi più vari. In più punti, tra l’esperienza vissuta del sogno e la nostra reazione al sogno stesso operiamo delle scelte. E queste scelte, più o meno integrate, divengono per noi, in quel momento, “il sogno”. Anche nel visitare la Cappella noi facciamo delle scelte che divengono per noi, per quel momento o in modo più durevole, “la Volta della Sistina”. Con il progredire delle riflessioni, delle esperienze, delle conoscenze e degli studi, nel tempo, si possono scoprire nuovi significati sia nel sogno che nella Volta della Sistina. “Scoprire” la Volta è un’esperienza interpersonale perché non appena entriamo nella Cappella entriamo in un dialogo con Michelangelo.”
Fuga
Se è vero che devo ad Oremland l’aver avviato il mio dialogo con Michelangelo, è altrettanto vero che devo a Peter Gillgren (2011) l’averlo approfondito con la presa di coscienza che il Buonarroti è stato un grande artista multimediale.
In un suo prezioso studio, lo storico dell’arte svedese riprende la tesi di Mitchell che “tutti i media sono mescolati tra loro” e che, ad esempio, non esiste una location artistica che sia priva di un contenuto sonoro.
Nelle parole di Gillgren, un’opera d’arte va collocata “nel suo contesto originale includendo gli aspetti sonori e rituali”, il suo “soundscape” il suo paesaggio sonoro. In questa prospettiva, le opere michelangiolesche create nella Cappella Sistina sarebbero state concepite avendo bene in mente le circostanze in cui sarebbero state fruite e l’effetto che avrebbero dovuto produrre nel pubblico.
Scrive infatti l’Autore: “Il Giudizio Universale è stato dipinto in modo tale da essere fruito in modo ottimale per la celebrazione del rito delle Tenebrae del Venerdì Santo, con il suo graduale oscuramento della parete affrescata, e con il simultaneo accompagnamento musicale” del coro della Sistina che cantava, in successione, 21 salmi, spegnendo ad ogni salmo una candela con l’avvicinarsi dell’ora della morte di Cristo e preparando così il momento ricco di pathos in cui il Papa e i Cardinali si prostravano in ginocchio per chiedere a Dio misericordia per averne ucciso il Figlio: il momento delle Tenebrae. Cristo non era più visibile, era scomparso, e dal tumulto si alzava il canto del Miserere, l’ultimo salmo, suonato in falsobordone, per la prima volta ai tempi di Michelangelo, grazie al maestro Festa, cui l’artista era legato dalla comune matrice spiritualista del circolo di Vittoria Colonna, rivoluzionando in modo creativo la monotonia del canto dei salmi precedenti… così come l’oscuramento progressivo aveva prodotto un effetto creativo di galleggiamento nell’aria delle figure del Giudizio Universale…
Nell’interpretazione di Gillen, l’opera totale di Michelangelo veniva messa in rilievo nelle sue parti e movimentata dall’effetto di progressivo oscuramento in perfetta sincronia e sintonia con l’accompagnamento musicale del rito delle Tenebrae. Per dirla con le sue parole: “Adattando la sua opera alle condizioni specifiche del suo contesto, Michelangelo ha così partecipato alla realizzazione di uno dei più spettacolari eventi multimediali di tutti i tempi.”
Postludio
Nel 2009 è stato pubblicato il mio primo lavoro sulla psicoterapia multimediale per l’elaborazione di un lutto oncologico. L’idea nasceva dalla mia consapevolezza che ci si poteva occupare di Psico-Oncologia, e quindi di interrogarsi costantemente sul senso della vita e della morte nel contatto e nel rapporto con questi pazienti e con i loro familiari, solo se periodicamente rigenerati dal contatto e dal rapporto con l’Arte, in tutte le sue possibili espressioni. La lezione di Oremland aveva lasciato il suo segno ed aveva finalmente prodotto un’invenzione creativa, una nuova forma di psicoterapia (Nesci, 2012). Il suo funzionamento è semplice: il paziente che non trova sollievo nelle parole, nelle classiche modalità psicoterapeutiche, viene invitato a portare invece le sue foto di famiglia, le immagini della persona cara scomparsa, e ad associarle con una musica, o una canzone, per poi affidare il tutto ad un artista sconosciuto che produce un remix, un’opera multimediale, per riparare il dolore della perdita dell’oggetto d’amore, per elaborare il suo lutto (Freud, 1915).
Se è vero, come è vero, che questa è stata una invenzione, nata dalla collaborazione con mio figlio Filippo, primo artista che si è cimentato nella produzione di questi “memory objects” (Angelini, 2015), ritengo doveroso riconoscere ora un debito inconscio nei confronti di Michelangelo e del suo genio. Non è forse il suo Giudizio Universale, rivisitato alla luce delle osservazioni/interpretazioni di Gillgren, una straordinaria elaborazione del lutto? La morte di Cristo è la rappresentazione della nostra morte, della morte del Figlio dell’Uomo, della morte di ognuno di noi…
Se Oremland ha “visto” nella sua interpretazione della Volta della Sistina la storia dell’evoluzione umana, dall’Io al Tu al Noi, a me sembra di “vivere” nel Giudizio Universale, rivisitato in chiave multimediale, il momento dell’elaborazione del nostro lutto, della presa di coscienza dei nostri limiti e della nostra finitudine (Oremland, 2005).
Bibliografia
Alberto Angelini (2015): I memory objects di Filippo A. Nesci. Eidos, novembre – marzo 2015.
Sigmund Freud (1915): Lutto e Melanconia in “Opere” vol. VIII, Boringhieri, Torino.
Peter Gillgren (2011): Siting Michelangelo’s Last Judgment in a Multimedia Context: Art, Music and Ceremony in the Sistine Chapel, Konsthistorisk tidskrift/Journal of Art History, 80:2, 65-89
Domenico A. Nesci (2009): Multimedia Psychodynamic Psychotherapy: A Preliminary Report. Journal of Psychiatric Practice: May 2009 – Volume 15 – Issue 3 – p 211-215.
Domenico A. Nesci (2012): Multimedia Psychotherapy: A Psychodynamic Approach for Mourning in the Technological Age. Jason Aronson, Lanham.
Jerome D. Oremland (1989): Michelangelo’s Sistine Ceiling: A Psychoanalytic Study of Creativity Inyernastional Universities Press, New York. Citazione dal cap 8 del libro (Traduzione ed editing a cura di Domenico A. Nesci) pubblicato in italiano su Doppio Sogno.
Jerome D. Oremland (2005): Death and the Fear of Finiteness in Hamlet. Lake Street, San Francisco.